L’Oratorio di Natale e la Passione secondo Matteo: sacro e profano in Bach

28.11.2022

Nel periodo natalizio, in tutti i teatri più importanti si eseguono concerti con musiche natalizie. Il Teatro alla Scala di Milano, il 3 dicembre, ospita Sir John Eliot Gardiner, uno dei principali interpreti barocchi viventi che con il Monteverdi Choir e l'English Baroque Soloists da lui fondati esegue l'Oratorio di Natale di Johann Sebastian (Weihnachts Oratorium BWV 248) con i solisti: Hilary Cronin, soprano; Hugh Cutting, contralto; Jonathan Hanley, tenore; Nick Pritchard, tenore; Frederick Long, basso; Dingle Yandell, basso). Un'occasione da non perdere.

L'Oratorio di Natale non era destinato ad essere eseguito in concerto ma fu composto nel 1734 per le celebrazioni natalizie nelle due maggiori chiese della città di Lipsia, San Nicola e San Tommaso. Infatti, non si tratta di un'unica composizione ma di un intero ciclo di sei cantate per quelle che erano all'epoca le festività liturgiche: il Natale, Santo Stefano (26 dicembre), la I domenica dopo il Natale (che quell'anno cadeva il 27 dicembre), l'Anno Nuovo o Festa della Circoncisione (1° gennaio), la I domenica dell'Anno Nuovo (che quell'anno cadde il 2 gennaio) e l'Epifania o Visitazione dei Magi (6 gennaio). Infatti, alla Scala verranno eseguite le prime 3 cantate.

Ma cosa c'entra la Passione di Matteo?

Innanzitutto, l'Oratorio di Natale condivide con la Passione di Matteo lo stesso luogo di composizione. Entrambe le opere furono infatti composte nel periodo in cui Bach era Kantor, cioè direttore e maestro del coro della scuola di San Tommaso di Lipsia. Furono gli ultimi ventisette anni di vita del grande musicista durante i quali videro la luce tanti capolavori religiosi, tra i quali il Magnificat, la Messa in Si Minore e la Passione secondo Matteo composta prima dell'Oratorio, nel 1729.

La prima delle sei cantate che compongono l'Oratorio (Feria I Nativitatis Christi) e che comprende nove pezzi, si apre con un festoso e luminoso coro ma, verso la metà, il coro esegue un corale, Wie soll ich dich empfangen (Come devo io riceverti), che risentiremo alla fine della sesta cantata in Festo Epiphanias con le parole Nun seid ihr wohl gerochen (Ora siete tutti appieno vendicati). Si tratta del tema musicale del corale che tutti conosciamo come O capo insanguinato (O Haupt, voll Blut und Wunden) che nella Passione secondo Matteo ritorna ben 5 volte: dal Getsemani all'interrogatorio di Pilato fino alla Crocifissione. Riutilizzare materiale musicale in altre composizioni non era una eccezione e non era affatto considerato un "plagio". Si tratta della cosiddetta parodia che, all'epoca, non aveva nulla di irriverente o umoristico ma poteva essere invece un omaggio o un atto di ammirazione. Ad esempio, lo stesso Bach per il suo Salmo 51(BWV 1083) utilizza lo Stabat Mater di Pergolesi. Nel caso dell'Oratorio di Natale in cui Bach fa la parodia di sé stesso, che cita la Passione mentre celebra il Natale, la parodia può avere anche un significato teologico non banale perché, collegando il Natale con la Passione, sta ad indicare il valore salvifico della nascita di Gesù, il Dio che si fa uomo per salvare l'umanità. L'incarnazione come inizio della redenzione della umanità. È un po' come mettere nel Presepe, accanto ai pastori anche i centurioni romani con la croce pronta per il Cristo. Un'immagine poco romantica, ma molto corretta evangelicamente e teologicamente.

Ma questa, non è l'unica rielaborazione presente nell'Oratorio di Natale. Bach, infatti, nell'Oratorio di Natale ha utilizzato anche trascrizioni di altre musiche da lui composte come la Cantata fatta eseguire per il compleanno della regina di Polonia e principessa di Sassonia o quella composta per festeggiare quello del principe Federico Cristiano di Sassonia così come la Cantata eseguita nell'anniversario della elezione di Augusto III a re di Polonia. Si tratta di cantate catalogate come "profane" ma che finiscono in un'opera "sacra", eseguita durante le celebrazioni liturgiche. In realtà, anche la melodia di O capo insanguinato è una versione ritmicamente semplificata di una canzone d'amore composta a fine 1500.

Anche in questo caso non c'è nulla di scandaloso. Siamo di fronte ad un gigante della musica e sicuramente non ad un imbroglione che ricicla proprio materiale per risparmiare fatica e vendere due volte la stessa merce. È solo dal Romanticismo, dal 1800 che si impone l'idea che il genio artistico debba essere originale nel senso che crea l'opera in modo che sia unica e sotto l'influsso di una ispirazione esclusiva. Ai livelli di compositori come Bach, la pratica della parodia, dell'adattamento e della compilazione va considerata come «atto creativo pari a ciò che normalmente intendiamo con "composizione originale"». (Malcolm Boyd, Bach, Dent, London 1983).

Anche la separazione tra "sacro" e "profano" dello stile musicale è una concezione che cresce successivamente all'epoca di Bach il quale non aveva affatto questa preoccupazione. Questi travasi dalla musica profana a quella religiosa farebbero gridare allo scandalo oggi e, in effetti, susciterebbero non poche giustificate obiezioni ma, all'epoca di Bach, ciò che contava non era l'etichetta del brano, ma la qualità e lo stile del complessivo discorso sonoro. Nel caso specifico di Bach, l'Oratorio di Natale - come ogni altra composizione - affonda le proprie radici in una intensa spiritualità e formazione teologica. Anche Philipp Spitta, tra i più autorevoli biografi bachiani, sostiene che le occasionali musiche mondane di Bach furono restituite alla loro vera natura trasformate in musiche da chiesa.