Frate Francesco e sorella musica
Ricorre quest'anno l'800esimo anniversario della approvazione della Regola francescana. Il 29 novembre 1223, infatti, Papa Onorio III con la bolla Solet Annuere, confermò la Regola di 'frate Francesco'. Un avvenimento fondamentale nella storia del francescanesimo e che cambiò anche la storia della Chiesa e dell'Europa.
Ma Francesco e il francescanesimo segnarono un momento di svolta anche nella storia della musica.
La relazione di Francesco con la musica inizia fin dalla giovinezza, la parte borghese della sua vita. È nota la spensieratezza del giovane e ricco Francesco che poteva dedicarsi ad ogni tipo di divertimento disponibile all'epoca. Affascinato dalla cavalleria, come gli altri giovani di nobile famiglia, ebbe modo di conoscere le gesta eroiche dei Cavalieri della Tavola rotonda e di re Artù attraverso le canzoni dei trovatori francesi. Capitò che Francesco stesso, "ammirato dalle allegre e originali trovate dei cantori provenzali" si vestisse con l'abito da giullare a due colori e trascorresse "la notte girando coi suoi compagni per le strade di Assisi, prendendo parte a serenate e canti d'amore, accompagnati dal suono del liuto o della mandola".
Francesco cantava con voce che Tommaso da Celano definisce "robusta, dolce, chiara e sonora."
Quando poi si convertirà per dedicarsi ad una vita di preghiera e povertà, il rapporto con la musica non si interromperà.
Francesco interpreta la musica in un modo molto moderno, come privilegiata modalità per esprimere i sentimenti, linguaggio interiore, vocabolario per esprimere l'indicibile. Lo testimonia bene questo episodio della Vita seconda di Tommaso da Celano: "A volte si comportava così. Quando la dolcissima melodia dello spirito gli ferveva nel petto, si manifestava all'esterno con parole francesi, e la vena dell'ispirazione divina, che il suo orecchio percepiva furtivamente traboccava in giubilo alla maniera giullaresca. Talora – come ho visto con i miei occhi – raccoglieva un legno da terra, e mentre lo teneva sul braccio sinistro, con la destra prendeva un archetto tenuto curvo da un filo e ve lo passava sopra accompagnandosi con movimenti adatti come fosse una viola, e cantava in francese le lodi del Signore".
La musica, intesa
come soave melodia, musica assoluta prima ancora di essere veicolo di
un contenuto testuale, sarà per Francesco non solo "espressione" ma anche "consolazione"
come raccontato in questo episodio della Vita prima: "Al tempo in cui soggiornava a
Rieti per la cura degli occhi, chiamò un compagno che, prima d'essere
religioso, era stato suonatore di cetra, e gli disse: «Fratello, i figli di
questo mondo non comprendono i piani di Dio... Io vorrei, fratello, che tu in
segreto prendessi a prestito una cetra, e la portassi qui per dare a frate
corpo, che è pieno di dolori, un po' di conforto con qualche bel verso». […] La
notte seguente, mentre il Santo era sveglio e meditava su Dio, all'improvviso
risuona una cetra con meravigliosa e soavissima melodia. […] Con lo spirito
rivolto a Dio, il Padre provò tanta soavità in quella melodia dolcissima, da
credere di essere passato in un altro mondo. Al mattino alzatosi, il Santo
chiamò il frate e dopo avergli raccontato tutto per ordine, aggiunse: «Il
Signore che consola gli afflitti, non mi ha lasciato senza consolazione»".
Quella di Francesco è una confidenza con la musica che sarà condivisa anche con i suoi seguaci: "Poiché camminavano con semplicità davanti a Dio e con coraggio davanti agli uomini, in quel tempo meritarono i santi frati la grazia di una rivelazione soprannaturale. Animati dal fuoco dello Spirito Santo, pregavano cantando il «Pater noster» su una melodia religiosa, non solo nei momenti prescritti, ma ad ogni ora, perché non erano preoccupati dalle cure materiali".
La musica non è solo il supporto per la preghiera ma fa tornare la
gioia nei momenti di difficoltà: "Poco prima di Caprignone, o poco dopo Valfabbrica gli venne
sbarrata la strada. Alla domanda su chi fosse, Francesco rispose: "Sono
l'araldo del Gran Re; vi interessa questo?". I briganti lo percossero e lo
gettarono in una fossa piena di neve, dicendo: "Stattene lì, zotico araldo
di Dio!". Ma Francesco, appena i briganti furono spariti, balzò fuori
dalla fossa e, tutto contento, riprese a cantare a gran voce, tessendo le lodi
del Creatore di tutte le cose".
Il contributo più importante di Francesco nella storia della musica fu il suo ruolo di compositore. La musica e il canto furono per Francesco uno strumento di evangelizzazione, "a gloria di Dio e a conforto della sua anima, nonché allo scopo di edificare il prossimo".
Francesco fu compositore di testi e di melodie. Si dedicò a questa attività comprendendo quale forza di comunicazione poteva avere la musica e il canto nei confronti dei più semplici e dei meno istruiti. È noto che Francesco compose il famoso Cantico di Frate Sole, noto come Cantico delle creature. Questo testo, scritto probabilmente nel 1224, due anni prima della sua morte, è una pietra miliare nella storia della letteratura italiana. Non si tratta del testo più antico, ma del testo poetico più antico di cui si conosca l'autore. Ma non solo. Francesco ne compose anche la musica che purtroppo è andata perduta.
Le laudi francescane. Francesco fu autore di testo e
musica per altre composizioni che stavano affermandosi in quel periodo e che
devono proprio a Francesco e al francescanesimo l'impulso più importante: le
laudi.
Si riconoscono nelle laudi le origini
della nostra lingua italiana e, per quanto riguarda la musica di chiesa, le laudi
sono il primo esempio, originale e significativo, di passaggio dal canto
gregoriano e in latino, ad una musica popolare e moderna con testo in volgare. Le
Laudi non entrarono nella liturgia ufficiale del tempo che continuava ad essere
celebrata in latino e con il gregoriano, ma furono espressione della spontanea
religiosità del popolo. Francesco e il francescanesimo seppero valorizzare e
alimentare questo nuovo genere musicale a tal punto che il Laudario di
Cortona è la più antica collezione conosciuta di musica italiana in lingua
volgare. Il Laudario, redatto tra il 1270 e il 1297, a non più di 50 anni dalla
morte di San Francesco, contiene 66 laude, di cui 44 con musica. Oltre allo
stesso Francesco, uno degli autori fu Jacopone da Todi, un frate seguace di
Francesco. Le prime 16 laude sono mariane, mentre le restanti seguono il
calendario liturgico e due sono dedicate a San Francesco. Alcune di queste laudi erano
dialogate, e nell'esecuzione le confraternite religiose si distribuivano tra
loro le parti, a volte anche con qualche improvvisato costume e allestimento
scenografico. Le laudi furono quindi anche uno dei primi esempi di teatro
religioso in Italia.